Recensione Don’t Look Up: non credere alla verità

Recensione Don’t Look Up: non credere alla verità

Una canzone canticchiata sottovoce da una dottoranda nel proprio campus, fa da sfondo ad una delle più grandi scoperte di tutti i tempi. Così inizia Don’t Look Up, con la giovane studentessa Kate Dibiasky, euforica ed orgogliosa della sua ultima scoperta.

Don’t Look Up con la regia di Adam McKay, il cui lavoro da regista già conosciamo in film come Anchorman 2, è un film attuale, concreto, che vuole arrivare dritto alla mente dello spettatore con una realtà caricata e satirica, mandando un messaggio ben preciso: se non faremo qualcosa al più presto, moriremo tutti!

Randall Mindy (Leonardo Di Caprio) uno dei due protagonisti di Don’t Look Up, è un professore di astronomia spesso colto da attacchi di ansia, ma molto lucido nel suo mestiere, che quando verifica la traiettoria della cometa scoperta dalla sua studentessa (Jennifer Lawrence), capisce che da lì a 6 mesi l’estinzione dell’intera umanità sarà certa.

Don’t Look Up – uscito in poche sale selezionate l’8 Dicembre e su Netflix Italia il 24 – è una satira politica sociale ed umana che McKay porta a termine con eleganza, bravura e senza mai strafare. È lampante quanto il film sia un diretto messaggio a tutti noi che ci ostiniamo a non voler sentire, a fare finta che tutto andrà per il meglio, a far finta che il disastro ambientale non sia imminente. Una satira dell’attuale situazione quando il prezzo delle pale arriva a 599.00 dollari, una satira del contesto politico mondiale che gioca su di un presidente con il fare di Donald Trump e l’eleganza di Hillary Clinton (interpretato da una grandiosa Maryl Streep) e suo figlio, nonché capo di gabinetto, Jason (Jonah Hill) frizzante come sempre dentro un personaggio caricato forse un po’ troppo.

Questo è Don’t Look Up, un film dall’ironia graffiante, senza scrupoli, che riesce a raccontare bene la situazione mondiale. Provate ad immaginare: cosa succederebbe se una cometa tra poco più di 6 mesi ci portasse all’estinzione e noi piccoli ingenui non facessimo altro che twittare con l’Hashtag #nonguardareinalto? Purtroppo è proprio questo uno dei tanti messaggi. Pensiamo alle live su Instagram e a seguire una campagna che ci dice di NON GUARDARE IN ALTO e, in altre parole, di NON CREDERE ALLA VERITA’: non crediamo mai alle verità scientifiche soprattutto se di mezzo c’è un magnate della tecnologia, creatore e finanziatore di dispositivi spaziali. Ci ricorda qualcuno? Beh, anche se Internet è molto diviso a riguardo, abbiamo di fronte un Mark Rylance, che interpreta divinamente un misto tra Elon Musk e Steve Jobs con alcuni caratteri di Zuckerberg e di Bezos e il quale pensa solo all’avanzamento tecnologico e a come poter sfruttare al meglio una catastrofe per tornaconto personale.

Un film che non delude mai grazie, in primis, alla geniale sceneggiatura proveniente dalla penna di Adam McKay che a volte viene spezzata da scene tipiche di Big Bang Theory, ma grazie anche a tutte quelle scene interrotte improvvisamente che all’inizio pensi di odiare e di scrivere direttamente a McKay, ma grazie alle quali capisci l’ennesimo messaggio: aprite le vostre orecchie. Un film mai noioso, come molti vogliono farci credere, grazie ad un immenso Leonardo Di Caprio che ci stupisce con una delle sue migliori interpretazioni, regalandoci scene ironiche e allo stesso tempo cariche di sentimento, ma su cui credo nessuno nutriva alcun dubbio.

Don’t Look Up: ciò che manca è l’altra parte delle stelle

Purtroppo, come in ogni grande film, si deve riflettere su tutto senza farsi ammaliare da protagonisti da oscar. Da un certo punto di vista, sembra che McKay si sia giocato male le proprie carte. Se pensiamo che a settembre nella lista del cast era presente Matthew Perry (amato Chandler di Friends) capiamo subito il problema, in quanto nella realizzazione finale della pellicola le sue scene sono state completamente tagliate. Perlomeno ci è stato regalato un cameo di Chris Evans che non tutti forse hanno notato.

McKay ha voluto forse un po’ strafare con la scelta dei grandi personaggi, per poi rendersi conto che tutti quei nomi insieme non avrebbero avuto il tempo adatto? Pensiamo ad Ariana Grande e il suo fidanzato Kid Cudi, appaiono forse per un totale di cinque minuti di film quando la pubblicità su di loro era molto ampia. Una tattica per attirare un pubblico più giovane? Poi una nota dolente che fa male al cuore: Timothée Chalamet che ovviamente lavora benissimo come in ogni film, quando però rende un personaggio completamente inutile ai fini della trama.

In definitiva Don’t Look Up è un film che fa il suo lavoro alla perfezione, anche perché il messaggio arriva eccome. Non sarà magari il capolavoro straordinario che tutti si aspettavano ma perlomeno tutto ciò che si aspettava la sottoscritta.

Trailer Don’t Look Up

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