Recensione Shiva Baby: il lungometraggio di Emma Seligman

Recensione Shiva Baby: il lungometraggio di Emma Seligman

Shiva Baby, il lungometraggio di debutto della regista canadese Emma Seligman, è disponibile sulla piattaforma Mubi dal 12 giugno. Si tratta di una brillante commedia con al centro una ragazza (Rachel Sennott) che si trova ad uno shiva party dove succederà di tutto.

Trama Shiva Baby

Il film ci introduce ad un racconto su una ragazza bisessuale in cui la sessualità non è puramente il centro della storia. La protagonista è una studentessa ebrea (Danielle – Rachel Sennott) alle prese con uno shiva (il banchetto che segue un funerale nella religione ebraica) che la porterà a situazioni quasi completamente fuori controllo.

La vediamo imbattersi nel suo sugar daddy (Danny Deferrari), nella sua ex fidanzata (Molly Gordon), in dialoghi surreali con i genitori e scontrarsi con un contorno di parenti invadenti ed eccessivamente curiosi.

Nel mentre deve fare chiarezza con se stessa per i sentimenti che prova verso i suoi amanti e verso le decisioni che deve prendere per il suo futuro.

Sua madre Debbie (Polly Draper, deliziosamente spiritosa) e suo padre Joel (Fred Melamed, amabile come sempre) non possono fare a meno di criticare Danielle e le modalità con cui sta gestendo la sua vita. Cercano agganci tra gli invitati nella disperata ricerca di un lavoro vero per la figlia, che possa essere un nuovo impiego da babysitter (la copertura che usa Danielle per la sua occupazione), o un lavoro d’ufficio di qualche tipo, e forse anche un nuovo interesse romantico.

La figura centrale della protagonista

Il personaggio di Rachel Sennott si trova su un precipizio: tra l’adolescenza e l’età adulta, tra gli ideali di generazioni in competizione, tra l’entusiasmo dei suoi studi artistici e il nichilismo della vita post-diploma.

Shiva-Baby-Rachel-Sennot

Shiva Baby si svolge in un solo giorno, e principalmente all’interno di una casa, mentre la giovane Danielle frequenta uno shiva nella sua città natale.
La trama funge da veicolo per Sennott, e l’attrice danza attraverso ogni scena con una palpabile miscela di arguzia secca e disagio. Il suo disprezzo e la sua confusione, i suoi schemi e i suoi imbarazzi trasudano da ogni sguardo imbronciato e da ogni tic nervoso. Ma il personaggio, sia nella sceneggiatura sia nella performance, si impone di non cadere preda degli stereotipi della ragazza imbranata. La sua goffaggine fornisce umorismo e riconoscibilità senza calpestare lo slapstick, e le scene che la trovano in una posizione di relativo potere sono sempre a un passo dal precipizio tragico.

L’intera narrazione si svolge dal suo punto di vista, in sguardi rubati, astute intercettazioni, messaggi segreti.

Il resto del cast rimane intrappolato nell’ironia, evitando quasi volontariamente il pasticcio di Danielle che esplode (di nascosto) proprio sotto il loro naso.

L’effetto volutamente claustrofobico del film

L’ansia accumulata da Danielle durante il banchetto funebre cresce con il proseguire del film e funge da motore cardine. La claustrofobia della casa dove l’intera storia si svolge, i colpi paralizzanti delle cose dette/non dette da parenti e amici e altro ancora si soffermano sulla situazione già impossibile della protagonista.

Con il passare della giornata, Seligman trasforma il funerale in un’allucinazione febbrile: la telecamera scivola tra le spalle e attraverso i corridoi, senza mai trovare aria, e nei momenti in cui la rete dei colpevoli si trova faccia a faccia, minacciando l’ammissione, la tensione esplode in un delirio di espressioni esilaranti.

I temi trattati in Shiva Baby

La protagonista è molte cose: una laureanda dell’East Coast College in studi di genere; una giovane donna ebrea bisessuale; una sugar baby che mette alla prova i poteri della sua sessualità.

Il racconto inizia con la protagonista a letto con un suo amante che si scopre essere il suo sugar daddy Max. Deve gestire la relazione con quest’ultimo davanti ai suoi genitori e a sua moglie (Dianna Agron).

Nella prima scena si veste in fretta alla fine dell’appuntamento, accettando un braccialetto costoso e una mazzetta di soldi da Max.

Mente all’uomo sul fatto di aver bisogno di un aiuto economico per frequentare la scuola di legge e lui le crede. Ma per Danielle il lavoro da semiprostituta è solo un esperimento di emancipazione femminista, in fondo un mezzo per sentirsi in controllo di almeno un aspetto della sua vita.

La protagonista sembra in generale essere senza nessuna precisa direzione: i suoi genitori solidali e liberali pagano tutte le sue bollette; non è sicura dei suoi obiettivi e delle prospettive professionali.

È nel limbo con la sua ex amante Maya (la Gordon di Booksmart e Good Boys, con tutto il suo carisma sfacciato), che è colei che frequenta davvero la scuola di legge.

Danielle è bisessuale e si ritrova una ex fidanzata al banchetto, motivo per cui il film rientra nelle pellicole di genere ed è stato messo in streaming su MUBI non caso a giugno, mese del Pride.

La regista ha sceneggiato Shiva Baby quando era una studentessa della New York University riproponendo come tema di fondo quello che per molti studenti è una chimera: il proprio futuro.   

Il ruolo di Maya

Il cuore di Shiva Baby deriva dalla relazione queer che fluttua sotto la narrazione. Maya è stata la migliore amica di Danielle per anni, con indizi della loro storia romantica passata che spuntano in vaghi riferimenti e avvertimenti dai loro genitori autoproclamatosi “di mentalità aperta”.

Ma mentre il dilemma della protagonista raggiunge il suo punto di rottura, Molly fornisce un unguento per le ferite; nella ragazza, Danielle trova l’accoglienza che la scuola, il lavoro, la religione e la famiglia non riescono a offrire.

Anche se il loro futuro, insieme o separatamente, rimane incerto, come suggerisce il finale agrodolce del film, la conoscenza di una loro comprensione reciproca arriva attraverso errori, insidie, paura dell’ignoto che affrontano tenendosi per mano. 

Una commedia ironica e arguta

L’intero film è profondamente scomodo, gioca su un senso di paura e uno stress costante.

Questo divertente racconto riesce a prendere situazioni ordinarie e amplificarle, le mette l’una sopra l’altra aggiungendo un guizzo hitchcockiano ad ogni momento per rendere la trama volutamente scostante e irregolare.

Aiuta anche il fatto che la storia, sotto lo sguardo magistrale di Emma Seligman, sia realizzata con un budget ridotto e si svolga principalmente in un solo luogo che risulta essere il terreno più fertile per una commedia degli errori e degli equivoci qual è Shiva Baby.

C’è anche un tocco di Cassavetes nei dialoghi veloci, taglienti e spiritosi; i personaggi sono imperfetti ma simpatici. Rachel Sennott brilla insieme a Molly Gordon che eccelle nel ruolo di supporto.

In fondo è un film a cavallo tra il dramma e la commedia, è presente un certo cinismo di alcune battute alla Woody Allen, una certa imprevedibilità ma non si può non considerare il lato introspettivo che accompagna tutto il lungometraggio.

Shiva Baby è un racconto che tocca tanti registri (si pensi alla colonna sonora di Ariel Marx che dà una tinta di paura), una storia in cui anche noi siamo protagonisti perchè ci ricorda come nella vita adulta ci si debba sempre destreggiare tra le aspettative altrui, le bugie che ci raccontiamo e che diciamo agli altri cercando di ritagliare un posto per noi nel mondo. 

Trailer Shiva Baby

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