Recensione The Good Nurse: sull’onda del True Crime

Recensione The Good Nurse: sull’onda del True Crime

Un buon infermiere ti cura non appena non ti senti bene. Se stai male o hai avuto un incidente corri in ospedale perché sai che starai meglio, no? Beh dipende. Dipende da quale infermiere verrai curato.

Ed ecco che si parla di “The Good Nurse”, thriller psicologico sbarcato oggi su Netflix e basato sulla vera storia dell’infermiere Charles Cullen, che grazie a Eddie Redmayne e Jessica Chastain non passerà inosservato.

The Good Nurse”, il nuovo thriller diretto da Tobias Lindholm con la sceneggiatura di Krysty Wilson-Cairns urla Oscar da tutti i fronti. A partire da regia e sceneggiatura candidati nel 2017 e nel 2020, (Lindholm per “A war” e la Cairns per “1917” di Sam Mendes), per arrivare ai protagonisti, nientemeno che Jessica Chastain, miglior attrice protagonista nel 2022 per “Gli occhi di Tommy Faye” e Eddie Redmayne miglior attore protagonista nel 2015 per “La teoria del tutto”.

Siamo nell’onda del True Crime, da “Dahmer” a “The Watcher” per citare i più recenti, arrivando a “The Good Nurse” che porta sullo schermo la vera storia di Charles Cullen dal libro “The Good Nurse: A True Story of Medicine, Madness, and Murder” di Charles Graeber.

“Guardare il film mi ha reso orgogliosa di me stessa”

Le parole della vera Amy Loughren rendono da sole la veridicità del film.

The Good Nurse: Trama e personaggi

Trama The Good Nurse

Amy Loughren (Jessica Chastain) è un’infermiera single stremata dai continui turni di notte, che cerca di dividere la propria vita lavorativa con il bisogno di stare accanto alle proprie figlie mentre aspetta la fine del primo anno lavorativo al Somerset Medical Center, condizione che le permetterà di ottenere l’assicurazione sanitaria. Amy infatti ha gravi problemi cardiaci non agevolati dalla vita che conduce. Quando arriva Charles Cullen (Eddie Redmayne) ad affiancarla nel turno di notte, previo dell’occupazione in ben nove ospedali, tira un sospiro di sollievo. I due diventano molto amici grazie all’estrema gentilezza e disponibilità del ragazzo che aiuta immediatamente Amy con le figlie, evitandole così un sovraccarico di emozioni.

Passa poco tempo però e le morti sospette sono almeno una a notte al Somerset Medical Center. Quando le indagini evidenziano Charles come principale sospettato, Amy sarà costretta a giocare tutto per portare a galla la verità.  

The Good Nurse: Recensione

Tobias Lindholm suscita ansia in ogni scena del film (anche a chi conosce la vera storia), tenendo lo spettatore sempre sul filo del rasoio e portando ad una importante riflessione sul sistema sanitario e su come la facciata sia più importante di una vita. Vediamo i fatti raccontati dal punto di vista della protagonista, la bravissima e dedita infermiera resa perfettamente da Jessica Chastain, vedendo così la storia attraverso i suoi occhi, non i nostri. Lindholm riesce a rendere un’atmosfera concordante con lo stato d’animo di Amy, grazie a inquadrature che passano dal campo medio al singolo dettaglio molto lentamente. Un ritmo molto lento, ma mai noioso, scandisce tutto ciò. Già dalla prima scena grazie al tipo di inquadratura scelta, entriamo subito nel fulcro della pellicola. Uno zoom lentissimo caratterizza i primi tre minuti, con un’inquadratura a campo medio che arriva dritta agli occhi di Charles Cullen, reso perfettamente sullo schermo da Eddie Redmayne. Un’interpretazione sottile, senza mai strafare, resa solo da microespressioni e micromovimenti. O ancora da uno sguardo o dal movimento di una mano. Insomma, come poteva deluderci Redmayne che alla sua prima interpretazione di spessore ha vinto un Oscar?

The Good Nurse: critica  

I due protagonisti, grazie anche ai dialoghi esperti di Krysty Wilson-Cairns non sfocianti mai in banalità nonostante la sceneggiatura non originale e grazie alla fotografia ricreante l’atmosfera giusta e coerente con le emozioni dei personaggi, sono stati criticati in maniera molto positiva dopo l’anteprima presentata al Festival di Toronto. Proprio qui la critica, come sempre, si è divisa. Chi ha amato il film, chi invece l’ha proprio odiato. Ciò che accomuna le due parti sono solo le interpretazioni dei due premi oscar. Si dovrebbe dire però, almeno secondo noi di Movie Blog, che se qualcosa manca al film è la timing pressure classica di un thriller psicologico, facilmente dimenticabile visto l’obiettivo da raggiungere. Per concludere la critica sostiene che, a causa della narrazione dal punto di vista di Amy, non riusciamo a conoscere il principale sospettato e ciò che muove i suoi pensieri. La domanda è: ma l’avete visto il film? Più che altro, avete capito cosa si sta trattando? Perché se ci si lamenta di non conoscere nel profondo Charles Cullen forse c’è un problema.

Esempio: guardando Dahmer “capiamo” – uso delle virgolette perché non si può mai capire la psiche di una persona – da cosa lui sia mosso, quale sia il suo istinto e perché abbia bisogno di distruggere una vita. Riusciamo a comprendere cosa voglia l’assassino.

ATTENZIONE SPOILER (per chi non conosce la vera storia) altrimenti continuate.

In questo caso non possiamo, e non potremo mai. Come mai?

Semplicemente perché lo stesso Cullen non ha mai rivelato perché lo abbia fatto. Non entreremo mai nella mente di questo Serial Killer, nessun film potrà raccontare bene la sua storia in versione biopic, sapremo solo che si distingue per atipicità rispetto a chi non vede l’ora di vantarsi del proprio metodo ai Mindhunter di David Lynch.

 

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