Recensione Alice in Borderland 2: da oggi su Netflix

Recensione Alice in Borderland 2: da oggi su Netflix

Alice in Borderland, due anni e dodici giorni dopo, sbarca finalmente su Netflix con una seconda stagione decisamente da non perdere. Al timone troviamo di nuovo Shinsuke Sato che dirige una stagione molto più cruda, non cambiando però l’impronta lasciata dalla prima.

In questo caso Sato si concentra molto più sui game, ciò che fondamentalmente il pubblico si aspetta da una serie di questo genere, perché un po’ come in Squid Game, si, il fantasy e la suspence stanno alla base, ma se guardiamo un survival Game quello dobbiamo vedere. La bravura sta nel mandare il messaggio e creare lo story telling in corso d’opera, proprio come fa il buon Shinsuke Sato.

Come ogni opera però i pro e i contro si fanno sentire, e noi di Movie Blog siamo qui proprio per analizzarli insieme. Andiamo un po’ per gradi.

Alice in Borderland 2: Come ci eravamo lasciati

Se non hai visto Alice in Borderland Stagione 1, le righe successive contengono inevitabilmente uno spoiler.

Con la fine della prima stagione avevamo lasciato Arisu, Usagi, Chishiya e Kuina alle prese con la consapevolezza che purtroppo non era finito nulla, nonostante essi avessero preso tutte le carte. Mira aveva infatti annunciato l’inizio del secondo livello dove, da lì a poco, ognuno avrebbe dovuto combattere per acquisire le 12 carte figura. Con l’inizio della seconda stagione siamo subito catapultati in una Tokyo alternativa sotto attacco da parte del “Re di Picche”, intento ad uccidere chiunque. Arisu però sa che può farcela, che non è solo quel Gamer svogliato e ossessionato dalla tecnologia, ma che al contrario può salvarsi e questa volta può salvare anche i suoi amici. Tutto sta nella capacità di battere le figure e, soprattutto, la regina di cuori.

Alice in Borderland 2: un inizio faticoso

Alice in Borderland 2

Ad essere sinceri la prima parte di questa stagione, almeno fino all’episodio numero 3 non è stata molto convincente, fatto inversamente proporzionale alla prima stagione in cui “La Spiaggia” aveva diviso la critica. Una parte a tratti noiosa che si salvava nel finale grazie alla storyline di Niragi e a quella favolosa scena di combattimento tra Kuina e The Last Boss. Il fatto è che almeno il cappellaio meritava molto più come personaggio, con il potenziale dello psycho kyller, a tratti sociopatico e viscidamente affettuoso ammettiamolo, ci avrebbe conquistato tutti. Tre episodi caratterizzati da dialoghi un po’ banali, che si riprendono solo grazie al ritorno di un personaggio.

Andando avanti i giochi si fanno più tetri ed importanti, rivediamo i vecchi personaggi conosciuti alla spiaggia e capiamo piano piano la loro storia che, come una sorta di contrappasso Dantesco, è direttamente proporzionale alla loro fine. È proprio qui che risiede il bello di questa serie, nella consapevolezza che purtroppo nessuno potrà mai cambiare; ognuno di noi è il prodotto della società in cui vive e Niragi, Chishiya o Kuzuryu ne sono la dimostrazione, come del resto anche Arisu. Inutile sperare in un lieto fine se fino all’ultimo si pensa da egoisti. Il leader è il prodotto dell’opinione pubblica, destinato a frantumarsi non appena incontri una personalità più forte, in grado di trascinare le pecorelle e ucciderle come agnelli al momento più opportuno, proprio come nel gioco del fante di cuori, nella top 3 dei game più belli.

Quindi, seppure i dialoghi non siano da Oscar, la seconda parte di Alice in Borderland 2 è decisamente più convincente.

Alice in Borderland 2: storyline e personaggi

Un tema che aveva letteralmente spaccato la critica nelle recensioni della prima stagione, fu la mancanza di personaggi che lasciano il segno. A parte Arisu, quel pazzo di Niragi e Kuina infatti, gli altri fungevano più che altro da completamento della trama. Forse il buon Shinsuke Sato ha letto bene queste critiche perché, almeno in questa sede, diremo che a questo giro più personaggi danno un contributo ai fini della storia. Certo è che non sono stati approfonditi, e sicuramente sarebbe bello conoscerli meglio, soprattutto Chishiya, ma la differenza c’è e l’impegno è da apprezzare.

Alice in Borderland 2: la bellezza della tecnica

Un primo plauso che vogliamo fare a questa serie è all’attenzione al dettaglio. Se si riguarda il primo episodio della prima stagione dopo aver finito la seconda ci si accorge che i registi avevano messo una specie di “Easter Egg” sin dall’inizio, riprendendolo alla fine con maestria. Non è da tutti l’attenzione al particolare, ce lo dimostra il nome di Denver ne “La Casa di Carta”. Il secondo plauso va alla Regina di Cuori. Personaggio perfettamente scritto e perfettamente interpretato da Riisa Naka che fino alla fine da importanza al suo ruolo, giocando con il cuore e con la testa dei personaggi. È proprio nelle cose semplici che si cela la difficoltà più grande.

Infine, grandi complimenti all’aver dato (FORSE) una risposta ad un Plot Harmor spesso fastidioso. Avete presente quando un personaggio non muore mai nemmeno se gli si tira una bomba in faccia? O quando gli cade un edificio addosso e si rialza dalle ceneri come Iron Man? Quello è il Plot Harmor ossia l’armatura di trama, l’immortalità della persona finché resta utile alla stessa. Qui, ripeto ancora FORSE, abbiamo un motivo. E se fosse realmente così sarebbe proprio bello! Speriamo solo che la serie non si concluda in questo modo, altrimenti non avrebbe senso. La speranza però c’è, anche perché solo 2 o 3 fumetti sono stati adattati fino ad ora: forza grande N!

La seconda stagione si merita quindi un bellissimo 8 e mezzo anche perché la fotografia con quelle specifiche riprese rendono all’occhio un videogioco più che un film, raggiungendo quindi l’obiettivo.

 

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