GRECIA, 2009
REGIA: YORGOS LANTHIMOS.
DURATA: 97 min.
CAST: CHRISTOS SERGIOGLOU, MICHELLE VALLEY, ANGELIKI PAPOULIA, MARY TSONI, CHRISTOS PASSALIS.
FINALMENTE NEI CINEMA ITALIANI
Dopo 11 anni dalla sua uscita il mercato italiano si è finalmente deciso a distribuire “Dogtooth” nelle sale del nostro Paese.
Approfittando probabilmente del periodo post-covid, quando nelle sale attualmente l’offerta di nuove pellicole è limitata, la Lucky Red ci regala l’occasione per riscoprire il secondo lungometraggio del regista greco Yorgos Lanthimos, che i più ricorderanno per aver diretto film importanti come “The Lobster”, “Il sacrificio del cervo sacro” e soprattutto “La Favorita”, che ha regalato un Oscar a Olivia Colman come migliore attrice nel 2019.
Prima collaborazione tra il regista e il fidato sceneggiatore Efthymis Filippou, questa storia a metà tra il mito della caverna di Platone e un’allegoria orwelliana ci mostra un nucleo famigliare composto dai genitori e tre figli – due femmine e un maschio – che vivono in un microcosmo composto da regole proprie decisamente inquietanti.
UNA PARABOLA DI PERVERSIONE E HUMOUR NERO
Il capofamiglia ha imposto alla moglie e ai tre figli (ormai adulti ma ancora educati come se fossero bambini) un peculiare ordine per cui nessuno di loro quattro possa mai varcare la soglia di casa, in un delirio di iper-protezione dal mondo circostante.
Mentre la moglie asseconda inerme le follie del marito, ovviamente l’unico che porta sostentamento alla famiglia tramite un lavoro in una fabbrica, i fratelli vengono cresciuti con la convinzione che tutto ciò che si trova all’esterno della loro abitazione sia una minaccia, rappresentata precisamente da un gatto, considerato l’essere più pericoloso del mondo (e protagonista di una delle sequenze più disturbanti della pellicola) che potrebbe ucciderli se provassero a uscire dal cancello di casa.
Ogni giorno inoltre la madre insegna ai figli nuove parole dal significato modificato ad hoc: ecco quindi che il termine “mare” sta a indicare una poltrona di pelle, mentre uno “zombie” è un fiorellino giallo e la “vagina” diventa una lampada.
Il modo per fuggire da questa sorta di prigione inconsapevole risiede in un espediente che il patriarca ritiene inapplicabile, una volta cioè che uno dei denti (precisamente i canini del titolo, in originale “kynodontas”) dei suoi figli cadranno.
IL GENIO DI LANTHIMOS
Il regista greco racchiude già in questa pellicola degli esordi il paradigma del suo cinema: una forte critica sociale (soprattutto del modello patriarcale) e politica condita da humour nero.
Non è difficile infatti immaginare la vicenda di questa famiglia come una metafora surreale per parlare del potere dello Stato che, in nome del benessere dei suoi cittadini, compie azioni a dir poco discutibili.
Lanthimos costruisce un incubo a occhi aperti caratterizzato da inquadrature fisse che indugiano su corpi o parti di esso, componendo geometrie di ambienti che aumentano il senso di claustrofobia e di angoscia provato dai protagonisti, inconsci della loro realtà manipolata ma che alla fine, come tutti gli esseri umani, si rivelano crudeli tra di loro e curiosi verso la vita al di fuori del proprio giardino.
E come una punizione divina, quando si paleserà l’occasione di libertà per uno di loro, essa si rivelerà solamente un’altra prigione, persino più piccola. Nel finale aperto sta tutta la fredda ironia del regista e ciò che caratterizza “Dogtooth” come un incubo di perversione.
Qui si limita al contesto famigliare ma tali tematiche verranno ritrovate e espanse nel 2015 con “The Lobster” – il suo primo film in lingua inglese – a livello di collettività.
Candidato agli Oscar nel 2011 nella categoria Miglior Film Straniero e vincitore della sezione Un Certain Regard al Festival di Cannes nel 2009.
In tutti i cinema dal 26 agosto.