Recensione Highlander – L’ultimo Immortale con Christopher Lambert

Recensione Highlander – L’ultimo Immortale con Christopher Lambert

Spada e rock, il cult fantasy che ha consacrato Christopher Lambert sulle note di Freddy Mercury: “HIGHLANDER”.

Highlander – L’ultimo Immortale è un film di genere fantasy-action-avventura del 1986 diretto da Russell Mulcahy.

La pellicola ha per interpreti principali Christopher Lambert (Russel Nash / Connor MacLeod / Highlander), Clancy Brown (Victor Kruger / Kurgan), Sean Connery (Juan Sánchez Villa-Lobos Ramírez), Roxanne Hart (Brenda J. Wyatt), Beatle Edney (Heather MacDonald), Alan North (ten. Frank Moran), Jon Polito (det. Walter Bedsoe) e Sheila Gish (Rachel Ellenstein).

Nonostante un mediocre incasso in patria di appena 12 milioni di dollari – su un budget stimato di 17 milioni – ed una tiepida accoglienza da parte della critica, grazie al successo home video in Europa la pellicola è diventata una vera e propria opera di culto della cinematografia mondiale tale da ideare quattro sequel (1991, 1994, 2000, 2007) che non hanno mai eguagliato il successo del film, una serie tv spin-off (1992-1998) e una serie animata (1994-1995).  

Trama Highlander – L’ultimo Immortale 

New York, 1985. Secondo un’antica leggenda, fin dall’antichità vivono in mezzo agli uomini degli immortali, esseri umani dotati di poteri straordinari  destinati a vivere per sempre e condannati a lottare nei secoli eliminandosi per decapitazione in duelli con la spada. Connor MacLeod  è uno scozzese originario delle highlands, rampollo di un nobile clan guerriero che nel 1536 fu scacciato dal suo villaggio perché bollato come indemoniato dopo essere miracolosamente sopravvissuto in battaglia ad una ferita mortale inferta dal feroce guerriero Kurgan. Fu il nobile guerriero ispanico Ramirez, anche lui un immortale, a svelargli il segreto delle sue origini: come lui, anche Connor e Kurgan fanno parte della razza che sfida il tempo i cui membri sono destinati tutti a lottare fra di loro fino al giorno della “Grande adunanza”. In questo giorno i pochissimi sopravvissuti immortali lotteranno per la Ricompensa finché NE RESTERÀ SOLTANTO UNO.

“Veniamo dalle remote profondità del tempo,

ci muoviamo silenziosamente attraverso i secoli.

Vivendo vite segrete, lottando per arrivare

al grande incontro, il giorno in cui i pochi superstiti

si batteranno finché resterà uno solo di noi.

Nessuno sapeva che eravamo fra di voi… fino ad ora.”

Analisi Film

Lo spettatore viene immediatamente introdotto nell’azione che scorre veloce alternando, attraverso un abile utilizzo del flashback, passato e presente. Duelli ad arma bianca spettacolari sono controbilanciati da poche, brevi ma intense pause che aiutano a far conoscere il carattere dei personaggi. Un animo tormentato si ritrova suo malgrado a vivere la condanna di una indesiderata e solo apparente vita eterna descritta soprattutto come causa di sofferenza a stretto contatto con la paura degli uomini e con una fine sempre in agguato. Se la morte in un duello mortale spaventa, non meno crudele condanna è la consapevolezza di sentirsi un diverso emarginato da una civiltà incapace di andare oltre le apparenze difficili ma mai impossibili da comprendere. L’intrattenimento offerto dall’azione prosegue di pari passo con le emozioni che crescono e vivono grazie ad interpretazioni impeccabili, a scenografie suggestive e alla musica che, non c’è bisogno di ripeterlo, rimane Leggenda che vive.

Highlander l'ultimo immortale

DALLE HIGHLANDS A BROOKLYN

L’idea dello sceneggiatore Gregory Widen venne da una vacanza in Scozia. Mentre visitava un museo di Edimburgo un’antica armatura catturò la sua attenzione, in particolare stuzzicò la sua fantasia: cosa sarebbe potuto succedere se il suo secolare proprietario fosse stato ancora vivo? Il titolo iniziale del film sarebbe stato Shadow Clan (“Il clan dell’ombra”) e lo script originale avrebbe avuto un tono più violento, troppo perché venisse considerato credibile.

Per il ruolo di MacLeod fu inizialmente scelto Kurt Russel, che preferì per girare un altro celeberrimo cult del periodo (Grosso Guaio a Chinatown). Le opzioni andarono verso molte altre star affermate dell’epoca, fra cui Richard Gere, Michael Douglas, Mel Gibson, Kevin Costner, Harrison Ford e Mickey Rourke, che rifiutarono tutti. Così la scelta cadde sul francese Christopher Lambert che per l’occasione dovette imparare correttamente l’inglese e l’arte della spada, all’epoca a lui del tutto ignote. Tale ruolo ha di fatto e meritatamente consacrato a livello internazionale l’attore che allora era noto solo in patria in  ruoli secondari e per l’esordio, due anni prima, come protagonista in una nuova trasposizione di un classico della letteratura (Greystoke – La leggenda di Tarzan, il signore delle scimmie).

“E possiamo avere per sempre,

possiamo amare per sempre.

Per sempre è il nostro oggi,

chi vuole vivere per sempre?”

CINEMA, SPADA, MUSICA

Uno dei 3 punti di forza su cui può contare il film, forse davvero quello più incisivo, è il sapiente utilizzo dell’elemento musicale da parte di Russell Mulcahy. Tutt’ora considerato uno dei maggiori registi nel campo musicale per i suoi videoclip, si fa notare subito in molte delle scene. Alcune  risultano autentici video musicali, come quando Brenda viene rapita nel suo appartamento dal Kurgan con successive sequenze in macchina a radio accesa in giro per New York. Altre presentano un perfetto equilibrio fra interpretazione, scenografia e note come l’emozionante e commovente scena della morte di Heather fra le braccia di MacLeod con in sottofondo quella che davvero è la  canzone-simbolo del film (Who want to live forever), cantata per l’occasione interamente da Freddie Mercury che – c’è bisogno di ricordarlo?! – è davvero IMMORTALE.   

Queen e Highlander

Il secondo punto di forza sono certamente le interpretazioni impeccabili che, fra passato e presente e fra un duello e l’altro, offrono una perfetta descrizione dei caratteri. Christopher Lambert nel suo ruolo più celebre è un protagonista capace di catturare l’attenzione dello spettatore per la sua tragedia, ovvero l’essere costretto a vivere da reietto traumatizzato dalle perdite (moglie) e dagli iniziali sacrifici (Brenda) imposti da una diversità che per tutta la trama pesa su di lui schiettamente simboleggiata dal ricordo dei suoi stessi familiari che lo scacciano inorriditi. Sir Sean Connery, indimenticabile pilastro della celluloide che ci ha lasciato il 31 ottobre 2020, è un mentore perfetto (Il nome della rosa – Indiana Jones e l’ultima crociata) che sa divertire ed emozionare. Con i suoi 192 cm di altezza, il suo sguardo minaccioso e la sua voce cavernosa – restituita magistralmente da Alessandro Rossi (“Vieni con me se vuoi vivere”) – Clancy Brown  (Le Ali della Libertà) è un antagonista sadico, spietato e sarcastico… praticamente perfetto (memorabile la scena con McLeod in chiesa).

Ultimo, ma non meno importante elemento posto in rilievo spetta alle locations. Gli esterni furono girati in Scozia, Inghilterra e New York grazie alle riprese che alternano panoramiche e primi piani offrono un ulteriore e suggestivo effetto che esalta le musiche e riflette il carattere dei personaggi.     

Chi conserva con piacere ed orgoglio il ricordo di un’infanzia e di un’adolescenza irripetibili sa bene che gli anni ’80-’90 dell’ormai passato XX secolo sono un periodo d’oro per il cinema Action e Fantasy, capace con pochi effetti artigianali, interpretazioni impeccabili, musiche e scenografie suggestive di offrire intrattenimento ed emozioni che fanno da scuola all’odierno CGI.

Se in questo tragico periodo storico e sociale ancora non avete mente e cuore inariditi dalla depressione scaturita dalle imprevedibili, gravose ma più che mai doverose, costrizioni legate alla sopravvivenza nostra e soprattutto di chi ci sta intorno, un insostituibile aiuto per andare avanti è fornito dai Classici, pagine e celluloide, di un passato che forse, mai come adesso, andrebbe rispolverato in assenza di vere prospettive sicure.

CULT GENIALE ED EMOZIONANTE.

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