Recensione Pose: la terza ed ultima stagione della serie
Recensione Pose: la terza ed ultima stagione della serie

Recensione Pose: la terza ed ultima stagione della serie

STAGIONE 3 – NETFLIX 
CAST: Billy Porter, MJ Rodriguez, Dominique Jackson, Indya Moore, Ryan Jamaal Swain, Dyllón Burnside, Hailie Sahar, Angel Bismark Curiel, Sandra Bernhard, Jason A. Rodriguez.

Finalmente è disponibile su Netflix dal 23 settembre l’attesa terza e ultima stagione di “Pose”, serie creata da Ryan Murphy e incentrata sul mondo delle ballroom tra la fine degli anni Ottanta e i primi anni Novanta, in quei luoghi dove la comunità LGBT+ si riuniva per esibirsi in performance spettacolari mentre fuori lo spettro dell’AIDS uccideva milioni di persone.

La nuova stagione di Pose

Pose 3 ultima stagione

Con un salto di tre anni, le vicende di “Pose” si spostano nel 1994, anno in cui il nuovo sindaco di New York, Rudy Giuliani, usa il pugno duro verso i luoghi di prostituzione, chiudendo molte “case di tolleranza” dove si teme che il diffondersi del virus dell’HIV sia più accentuato.

La piaga dell’AIDS continua a mietere moltissime vittime, soprattutto nella comunità LGBT+, nonostante le terapie progrediscano. Pray Tell, il vocalist delle ballroom, continua ad assistere alla morte di tanti giovani e si rifugia nell’alcool per tentare di affogare la sua disperazione. Ciò sicuramente non giova al rapporto con il giovane compagno Ricky, che non riesce a distoglierlo dalla bottiglia.

Nel frattempo, Blanca ha trovato lavoro in ospedale come assistente infermiera di supporto ai pazienti sieropositivi, e il suo periodo di gloria come Madre della “House of Evangelista” sta per essere messo in ombra dalla nuova “House of Kahn”, guidata da Lemar, precedentemente un affiliato della “House of Abundance” di Elektra. Quest’ultima, in seguito alla chiusura dei locali sadomaso, deve trovare un’altra fonte di guadagno.

Anche Angel si trova bloccata: la sua carriera di modella è in stallo, nonostante l’agenzia che la rappresenta, guidata dal fidanzato Lil Papi, sia più inclusiva nei confronti delle modelle transgender.

Tutti loro si ritrovano a casa di Blanca quando, una sera, il notiziario trasmette la fuga di O.J. Simpson, il celebre giocatore di football indagato per l’assassinio della moglie e dell’amante di lei. Uno dei casi di cronaca più eclatanti e famosi della storia statunitense, che ha ammaliato e scosso l’opinione pubblica creando forti schieramenti.

L’inseguimento in macchina tra Simpson e la polizia solleva un’accesa discussione tra Blanca e il resto della sua “famiglia” a proposito della situazione della comunità nera in America, tra ipocrisie, brutalità dei poliziotti e povertà. C’è chi si schiera ciecamente dalla parte di O.J., difendendolo a spada tratta perché vede in lui una vittima del sistema, mentre altri mettono in dubbio la sua innocenza.

In seguito, Blanca decide di iscriversi al college per diventare un’infermiera a tutti gli effetti, mentre nella sua vita è da poco entrato Christopher, un uomo di buona famiglia che potrebbe rappresentare per lei una speranza di felicità dopo molti anni bui.

Lo spaccato di una comunità all’alba di un nuovo millennio

“Pose” ha rappresentato una svolta nella serialità televisiva degli ultimi anni, considerato il fatto che è stato il primo show ad avere nel suo cast di protagoniste il più alto numero di attrici transgender della storia.

All’ultima edizione degli Emmy Awards, la serie ha abbattuto un ulteriore record quando MJ Rodriguez (che interpreta Blanca) è diventata la prima attrice transgender a ottenere una nomination come migliore attrice protagonista in una serie drammatica. Nonostante non abbia vinto (la statuetta è andata a Olivia Colman per “The Crown”), ciò ha rappresentato l’abbattimento di una grande barriera.

Senza risparmiare il dramma dell’AIDS, che diventa prominente soprattutto nella seconda stagione, la serie è uno dei fiori all’occhiello della scuderia di Ryan Murphy, prolifico autore che spesso si perde tra trame involute e patinate. “Pose”, al contrario, si distingue per una cifra stilistica chiara e effervescente (il mondo glitterato e festoso delle ballroom, vera e propria istituzione del mondo gay newyorchese che ha influito enormemente sulla cultura pop di fine Novecento), con personaggi ben descritti e strutturati, che affronta al contempo tematiche importanti e tutt’altro che leggere come la discriminazione, la lotta sociale, la malattia, la dipendenza e il forte senso di comunità, quella che si impone quando la famiglia di provenienza rinnega i propri figli perché omosessuali o transgender.

Un mix ben congegnato grazie anche all’occhio sensibile e attento della regista e produttrice Janet Mock, autrice e attivista dei diritti delle persone transgender.

Un finale dolceamaro

Le avventure di Blanca e dei componenti della sua famiglia stanno per concludersi, dato che questa terza stagione sarà anche l’ultima per lo show trasmesso in USA dal canale FX e per l’Italia da Netflix.

Senza rivelare il finale, sappiamo già che il pubblico dovrà tenere i fazzoletti a portata di mano: il racconto di quegli anni si snoda inevitabile tra le piste da ballo con luci stroboscopiche e lustrini, da una parte, e le corsie degli ospedali dove giovani di belle speranze combattono con un male invisibile e terribile che pian piano li consuma come candele al vento.

Un contrasto che eloquentemente getta una luce ulteriore su quegli anni pieni di contraddizioni e che ci fa riflettere sul nostro presente, poiché se è vero che oggigiorno è possibile convivere con una diagnosi di AIDS, milioni di persone nel mondo continuano a morirne e i contagi sono ancora molto alti.

Ma “Pose” non è solo questo: parla della famiglia che ci scegliamo, delle persone che ci restano accanto nonostante tutto, delle scelte che compiamo in nome della nostra identità e, soprattutto, che ciò che ci rende unici non va nascosto ma, al contrario, rivendicato con orgoglio e senza paura, celebrando la vita in ogni sua sfumatura, dentro e fuori dalla pista da ballo.

 

 

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