Recensione La Casa di Carta 5A: vivere molte vite e morire in ognuna

Recensione La Casa di Carta 5A: vivere molte vite e morire in ognuna

Quanto hype si è creato verso quest’ultima parte? Tutti a bombardare Netflix sotto i vari post chiedendo una data ufficiale, un annuncio o qualcosa che ci facesse tornare il sorriso in volto e così, quando abbiamo saputo che il 3 Settembre avremmo avuto modo di vedere l’ultima parte, abbiamo fatto tutti i salti di gioia. Salvo poi scoprire che in realtà, la vera fine non arriverà prima del 3 Dicembre.

Ci ritroviamo dunque a commentare i primi cinque episodi dell’ultima stagione; una stagione che si è rivelata totalmente all’insegna dell’adrenalina senza lasciare spazio a sviluppi secondari (esclusi i soliti flashback a cui siamo già stati abituati). Ma vediamo nel dettaglio di cosa si tratta.

Trama La Casa di Carta 5A

La banda si ritrova rinchiusa nella Banca di Spagna da oltre 100 ore. Con l’ennesima genialata del Professore sono riusciti a salvare Lisbona, ma il momento più buio arriva dopo aver perso uno dei loro. Infatti, proprio il loro leader è stato catturato da Sierra e, per la prima volta, non ha un piano di fuga. Quando sembra che niente possa andare peggio, entra in scena un nemico molto più potente di tutti quelli affrontati finora: l’esercito. E così la fine del più grande colpo della storia si avvicina e quella che era iniziata come una rapina si trasformerà in una guerra.

L’obiettivo dichiarato di Alex Pina (creatore della serie), era regalare al pubblico un finale mozzafiato, ricco di colpi di scena e adrenalina, per poi lasciare spazio nella seconda parte per le emozioni dei vari protagonisti.

La Casa di Carta 5A

Cast

Dopo quattro stagioni non credo serva rinfrescarvi la memoria con i protagonisti della serie, ma meritano qualche dettaglio in più i nuovi personaggi che vengono presentati nel corso di questi cinque episodi e che erano restati nell’anonimato nelle precedenti puntate.

Grazie ai continui flashback molto cari agli sceneggiatori, ci vengono così mostrati due personaggi che almeno per il momento, non torneranno utili per porre rimedio ai continui errori fatti dai protagonisti. Il primo viene mostrato nel primo episodio e si tratta del figlio di Berlino (Pedro Alonso), il giovane Rafael (interpretato Patrick Criado). Il ragazzo ha 31 anni, ha studiato ingegneria informatica al MIT in Massachusetts e ha una sola certezza nella vita: non vuole essere come suo padre, ma l’incontro con Tatiana molto presto gli farà cambiare idea. La seconda new entry fa parte del passato della narratrice, ovvero Tokio: si tratta di René (Miguel Ángel Silvestre), l’uomo con cui ha iniziato a fare rapine, con cui ha viaggiato e si è goduta la vita, l’uomo che Silene Oliveira amava prima di scoprire che a volte le cose nel suo piccolo mondo perfetto possono anche andare terribilmente storte.

Infine, ma non per importanza, il terzo volto nuovo è proprio colui che darà del filo da torcere alla banda fino all’ultimo respiro. Si chiama Sagasta (José Manuel Seda), Comandante delle Forze Speciali dell’Esercito Spagnolo. Dopo aver preso parte ad innumerevoli missioni internazionali contro i peggiori esemplari della specie umana, è diventato uguale alle persone che ha ucciso. È un leader nato, i suoi uomini sono pronti a seguirlo fino alla fine se lo chiederà, perché lui è proprio come loro. Quando indossa l’uniforme, si trasforma in una mente analitica, fredda e spietata, capace di andare oltre ogni convenzione etica o morale se la missione lo richiedesse.

Recensione

Il prodotto firmato da Alex Pina e realizzato da Netflix ci ha abituati nel corso delle stagioni, a continui colpi di scena e ribaltamenti di fronte e anche in questa penultima parte, non si sono di certo risparmiati.

L’azione è la linfa di questi cinque episodi da circa cinquanta minuti. Nessuna sottotrama, nessuna distrazione, ma solo sangue, urla di dolore e sacrifici per il bene del gruppo. Così la serie ricca di stratagemmi atti a sopravvivere, mosse e contromosse degne della miglior Anya Taylor Joy ne La regina degli scacchi, diventa una guerra all’ultimo sangue, dove gli unici alleati sono i propri compagni, dove non conta più guadagnare o fuggire, ma conta solo sopravvivere e cercare di anticipare l’avversario.

Sono queste le premesse per una stagione sporca, con una fotografia avvolta nella nebbia, nel fumo dei proiettili e nella sofferenza degli uomini sul campo di battaglia, ormai allo stremo delle loro forze. Anche il Professore diventa consapevole che non c’è più modo di riflettere, non c’è più modo di escogitare un piano per salvarsi la pelle e dunque l’unica soluzione diventa contrattaccare con la forza delle armi, come fanno i veri soldati. Cinque episodi che scorrono in fretta e spingono il telespettatore a correre contro il tempo per raggiungere la fine e scoprire se i beniamini di un popolo intero che li sostiene all’esterno, riusciranno a spuntarla contro la polizia, o meglio, contro uno Stato, perché come sottolineato più volte nel corso della serie, non si tratta più di una guerra civile, ma di qualcosa molto più grande e come tale deve essere trattata.

Le sequenze che vedono fronteggiarsi militari e la banda di Dalì sono un’infinità e in ogni scena lo spettatore si ritrova incollato allo schermo, nella speranza che il proiettile che sta per colpire il suo personaggio preferito, venga deviato da non si sa cosa, che ancora una volta, la squadra riesca a farla franca. Ma se durante ogni battaglia vi era il supporto esterno del Professore a dettare gli schemi da seguire, questa volta le cose non procedono secondo i piani. “Non esistono grandi battaglie senza grandi avversari”. Questo è ciò che sostiene Sierra (Najwa Nimri), vero villain della quarta parte, nonché l’unico personaggio all’altezza del Professore. Sarà proprio lei la mina vagante di quest’ultima stagione e se inizialmente volta le spalle alla polizia, successivamente deciderà di far fronte comune con il Professore per ripulire la sua reputazione, ma sarà sincera? Questo non è dato saperlo.

A differenza delle precedenti parti, dove la banda veniva sempre capitanata da un uomo, in questi ultimi episodi non vi è un vero e proprio leader, ma quando bisogna prendere le decisione, la palla passa sempre per le mani di Lisbona, aiutata da Stoccolma e Tokio. Un girl power che avrebbe fatto piacere ad uno dei personaggi che ci ha lasciati proprio nella passata stagione e che ha regalato una citazione che resterà nella storia di questa serie: “Che abbia inizio il matriarcato”. Proprio Nairobi ci viene mostrata nel corso di uno dei flashback di Tokio, in cui le due parlano dei piaceri della vita e di cosa significhi morire.

Una prima parte di stagione che non lascia spazio per i sentimenti, se non durante l’ultimo episodio, con una delle scene più toccanti mostrate dalla serie: due mani che si afferrano, poco prima della dipartita dell’ennesimo personaggio principale che si sacrifica ancora una volta per il bene comune. E se il detto “In una serie fin quando non si vede il corpo, non è detto che sia morto davvero” non vale per una persona colpita da otto proiettili ed esplosa con quattro granate, non sappiamo dirvi cosa sia reale.

Casa di Carta 5A

Note dolenti

Non è La Casa di Carta se non vi sono piccoli dettagli che ai più attenti faranno sicuramente storcere il naso e così ho cercato di racchiudere quelli che mi hanno fatto smorzare un po’ di entusiasmo durante la visione.

CI SARANNO SPOILER

  • Gandia viene liberato nel corso del secondo episodio, dichiarando che avesse urgentemente bisogno di un’operazione a causa della brutta situazione in cui si trovava la sua colonna vertebrale. Nell’episodio successivo lo ritroviamo in forma smagliante, soltanto con qualche cicatrice in volto, pronto a conquistare il mondo spazzando via la banda.
  • La banda, impegnata a litigare ancora una volta tra loro, non si accorge minimamente che di fianco a loro gli ostaggi stanno recuperando giubbotti antiproiettile ed armi, ritrovandosi così anche a doversi difendere da loro ed è proprio da qui che inizieranno a perdere il controllo.
  • Il Professore escogita ancora una volta il piano perfetto. Metà gruppo è messo alle corde dai soldati capitanati da Sagasta, ma la sua mente brillante convince Tokio, Denver e Manila ad aggirarli uscendo sul tetto per poi colpirli alle spalle. Il trio non riesce neanche in questo e calandosi dal soffitto riescono a colpire solo un uomo tra i soldati avversari che erano di spalle e non si erano accorti neanche della loro presenza.
  • Torna ancora una volta protagonista Gandia. Questa volta il trio citato prima si trova barricato in cucina mentre aspetta rinforzi. Gandia decide così di lanciare una granata all’interno della sala, ma Tokio come uno dei membri più esperti degli Avengers, afferra la granata e la rilancia proprio contro il capo della sicurezza spagnola. La cosa potrebbe anche scendere giù, se non fosse per il fatto che per l’ennesima volta Gandia riesce a salvarsi, così come il resto dei soldati.

Diciamo che preferisco finirla qui e apprezzare queste cinque ore di eccitazione che ci ha regalato Netflix, in attesa degli ultimi cinque episodi che spero non vadano a rovinare questa prima parte di stagione che sicuramente ha risollevato la serie, visto l’enorme calo subito nel corso della quarta parte. Per ora mi sento di promuoverla, non di certo a pieni voti, ma fiducioso che la piattaforma rossa possa regalarci un ottimo finale di serie in vista delle vacanze natalizie.

Intanto per non perdervi nulla, vi invito a restare come sempre, connessi solo su Movieblog.it

 

 

About The Author

Diplomato al Liceo Scientifico, tra una pagina e l'altra di un libro di matematica, un episodio calza a pennello. Più che per il cinema, ho la passione per il piccolo schermo. Sono l'amico a cui viene sempre fatta la domanda "Ma che serie tv mi consigli?" Se non avete idea di cosa guardare, faccio al caso vostro. Siete invitati nel sottosopra che si trova nella mia testa.

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