Recensione Last night in Soho: il nuovo film di Edgar Wright

Recensione Last night in Soho: il nuovo film di Edgar Wright

Il nuovo film di Edgar Wright, Last night in Soho (Ultima notte a Soho), presentato in anteprima mondiale al festival del cinema di Venezia 78, segna un ritorno alle radici del regista.

È un interessante intreccio tra genere horror e thriller con viaggi nel tempo e nella psiche delle protagoniste. In sala dal 4 novembre 2021.

Trama Last night in Soho

Anya Taylor in Last Night in Soho Movie Blog

Per Eloise (Thomasin McKenzie), dalla natura dolce e ossessionata dagli anni ’60, i sogni diventano realtà quando viene accettata alla scuola di moda nel cuore pulsante del West End di Londra.
Ma la vita di una grande città si rivela un brusco risveglio per questa ragazza di provincia che viene dalla Cornovaglia, e, quando le camere studentesche popolate da compagne che la prendono in giro diventano troppo per lei, affitta una stanza nell’appartamento di Miss Collins (Diana Rigg).
Quella notte, nel suo nuovo letto, Eloise si ritrova inspiegabilmente trasportata nel 1966 e nel corpo di una giovane cantante ambiziosa di nome Sandie (Anya Taylor-Joy).
Ma non appena inizia ad abituarsi ai suoi viaggi notturni nel tempo, la ragazza inizia lentamente a scoprire la terrificante realtà della Swinging London.

Il lavoro di trasformazione di Wright

Edgar Wright è un maestro nel trasformare un ambiente ordinario in qualcosa di inaspettato. Un sonnolento villaggio del West Country ospita violenti omicidi in “Hot Fuzz”, e in “Baby Driver” le strade secondarie assolate di Atlanta diventano un parco giochi per rapine ad alta velocità.
Per Last Night In Soho, Wright trasforma Londra in una città fantasma, anche se non sono le strade a essere infestate, ma piuttosto le donne che le percorrono; in questo film ad essere al centro è la prospettiva femminile. Aiutato dalla co-sceneggiatrice Krysty Wilson-Cairns, che in precedenza aveva scritto la sceneggiatura di 1917, Wright divide la città in due, tra il presente con la scuola di moda e la Londra contemporanea con Eloise (detta anche Ellie) e il passato sempre più torbido dell’aspirante cantante Sandy nell’affascinante e squallida Soho degli anni ’60, a cui Ellie assiste mentre dorme.

Tra fantasia e realtà

Ultima notte a Soho inizia come una lettera d’amore a Londra, ma man mano che il film va avanti, si scopre il lato oscuro della città.
Gli anni ’60 sono un periodo di nostalgia, un’era rivoluzionaria politicamente, culturalmente e musicalmente (che il film omaggia meravigliosamente con brani di Sandie Shaw e Cilla Black, la celebre Downtown di Petula Clark ed altri iconici artisti).

Nella scena di apertura, vediamo Ellie ballare “A World Without Love” di Peter & Gordon mentre è vestita con un grembiule dall’aspetto vintage che ha fatto a mano con un giornale. È il correlativo cinematografico dell’affetto di Wright per il passato, e una volta che si è sistemata al London College of Fashion, l’occhio di Ellie per combinare vecchio e nuovo diventa evidente, in più di un modo.
Quello degli anni ’60 è  anche il periodo in cui si sono verificati raccapriccianti e scioccanti omicidi nella capitale inglese. Con tutto questo in mente e sotto lo sfarzoso set della vecchia Soho di Edgar, il tempo nostalgico è presentato in modo sinistro.
Fin dall’inizio, Wright crea un’atmosfera misteriosa ma ordinaria in cui la protagonista è una ragazza della porta accanto ma con un “dono” speciale (che stabilisce il punto cruciale del film).
Nel corso della storia, il regista rilascia vari suggerimenti che alla fine hanno un senso, anche usando le luci “rosse” lampeggianti costanti, prefigurano i pericoli che seguiranno.
La sua attenzione ai dettagli e la sua visione cinematografica sono notevoli.

Per tutto il film, gli specchi sono usati come una tenda simbolica che barrica il divario tra realtà e finzione, in molti punti del racconto questo impiego sinistro e significativo delle diverse angolature richiama l’horror di Dario Argento. Visivamente il regista crea magistralmente il legame tra Eloise e Sandie,  proprio grazie all’uso intelligente di riflessi.
Considerando che Ellie è l’esatto opposto dell’altra protagonista, questo specchio diventa un mezzo per lei per l’introspezione sulle sue inibizioni e, in una certa misura, sul conflitto di chi è contro chi vorrebbe essere.

La giovane scozzese, ha un dono, come se ci fosse un filo rosso con “The Shining” o “Il Sesto Senso”: vede cose e persone che non ci sono, inclusa sua madre defunta (Aimée Cassettari), morta suicida anni fa.

Tali visioni oniriche sono inizialmente eccitanti, ma la profonda identificazione psicologica di Eloise con Sandie fa precipitare rivelazioni spaventose – su vecchi crimini e violenze sessuali. E la performance di Taylor-Joy- il cui sguardo fisso e il suo portamento affascinante sono ipnotizzanti- è un bel contrasto con l’innocenza più schietta di McKenzie.

Il cast e il passato che torna

La giovane protagonista è una fanatica dell’epoca; idolatra Twiggy, Audrey Hepburn e gli artisti la cui voce senza tempo è impressa nei suoi dischi. Il suo amore per la moda vintage, abbinato al suo talento, l’ha portata a Londra, dove le sue radici contadine e i vestiti fatti in casa la rendono un’estranea ai suoi coetanei più raffinati, il loro disprezzo la portano in un monolocale appena a nord di Soho gestito da Miss Collins (Diana Rigg, nella sua ultima apparizione sullo schermo dove tra l’altro ha un ruolo molto importante).

In apertura di film si sta preparando a lasciare la casa che condivide con sua nonna Peggy, interpretata da Rita Tushingham, che ha fatto colpo per la prima volta nel 1961 in “A Taste of Honey”. Ultima notte a Soho è costellato di così piacevoli ritorni al casting, oltre ai già citati c’è anche Terence Stamp nei panni di un misterioso sconosciuto – con uno sguardo inquietantemente intenso – che Ellie continua a vedere per strada.

Il ruolo dell’horror

Il film è al suo massimo quando è focalizzato sull’horror.
All’inizio Ellie è infatuata della vita di Sandy quanto di quelle delle sue altre preferite degli anni ’60. Il suo primo incontro notturno mostra la talentuosa cantante che incontra il losco talent manager impersonato da Matt Smith, Jack, e si innamora delle sue promesse, mentre intorno a loro, Wright esplora amorevolmente gli ambienti dell’epoca attraverso gli interni lussuosi e specchiati e una gigantesca insegna di un teatro per la prima di “007 – Thunderball”.
Con il proseguire della trama, anche se la scozzese viene attratta ulteriormente dal mondo di Sandie, si comincia ad avere un risvolto più psicologico e mentale e il film ruota completamente verso un horror più convenzionale. Questo sembra un punto di partenza per Wright. Alcuni dei suoi biglietti da visita da regista permangono in modo efficace – il montaggio fulmineo su tutti – ma questo è sicuramente il suo film meno comico fino ad oggi.
Alcune delle sue paure più ambiziose rendono omaggio ad altri registi, ma il design e la fisicità dei mostri che si infiltrano nel mondo di Eloise evocano un nuovo terrore viscerale. Il direttore della fotografia, Chung Chung-hoon, migliora le visioni del regista del passato e del presente, trovando il terrore cinematografico in ogni cosa, dai neon che sanguinano nella stanza di Eloise, agli specchi già citati illuminati dai lampadari che caratterizzano alcune delle sequenze più sofisticate non solo nel film, ma nel corpus cinematografico intero del regista.

I messaggi sociali

Un altro aspetto che il film affronta sono le conversazioni sociali che nascondono cattive intenzioni. C’è una scena in cui Ellie siede in un taxi e l’autista fa delle avances nascoste e non richieste verso di lei, persino perseguitandola.
Alla luce dei recenti efferati casi di femminicidio, il film mette in luce alcuni argomenti importanti. Dato che i personaggi principali sono due donne che combattono la misoginia in due decenni diversi, i messaggi sociali sono sottili ma decisamente stimolanti.

Conclusioni finali

In Last night in Soho il cambio di marcia tra i vari stili del film avviene in modo schietto brusco, con transizioni tonali a volte stridenti tra la storia di fantasmi al centro della narrazione e la sottotrama romantica che coinvolge Ellie e John, un suo compagno di corso. C’è una qualità superficiale che aleggia sul film perchè è un piacere per gli occhi ed è colmo di elementi glamour che si mischiano al realismo psicologico, tranne nel caso di Ellie per cui vale un discorso a parte. Difatti la ragazza tra i tanti personaggi del film è l’unica che sembra avere molta vita interiore.
C’è molto da apprezzare sulle parti costitutive di “Soho“, è un thriller psicologico, un perfetto omaggio alla Londra degli anni ’60, una storia d’amore dolce anche se superficiale, un commovente mistero di omicidio, uno sguardo diverso sulle malattie mentali e un intrigante dramma criminale sui viaggi nel tempo.

I segni distintivi del regista Edgar Wright sono tutti condensati in questa storia, c’è il fascino per il cinema di genere in tutte le sue sfaccettature e l’amore per quel periodo pieno di cambiamenti.

 

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