Recensione Not Okay: l’oscurità dietro i Social

Recensione Not Okay: l’oscurità dietro i Social

Arriveresti a toccare il fondo per 30 mila follower su Instagram?

Tranquilli a rispondere è Zoey Deutch con la sua abile performance in Not Okay, di cui oggi parleremo in questa nuova recensione del film distribuito da Disney Plus.

Not okay, con il debutto alla regia di Quinn Shephard, da subito ci avverte su ciò che andremo a vedere: una protagonista antipatica e soprattutto deprecabile, disposta a tutto per un po’ di fama e qualche like.

Not Okay: trama e personaggi

Trama Not okay

Not Okay si apre, come di consuetudine in molti film, con la scena finale mostrandoci una Danni Sanders che, in preda al panico, rompe la quarta parete affermando:  

“State attenti a ciò che diavolo desiderate”

Meno consueta è la scritta stile Parental Advisory iniziale, la quale mette in guarda sulla sua protagonista, definendola super antipatica. Descrizione mai stata più accurata.  

Ed ecco che il film fa un salto nel passato per raccontarci capitolo per capitolo la vita della protagonista e la sua ascesa verso la vergogna. Danni è una giovane donna, a sua detta una Zillennials (metà Millennials, metà generazione Z) che lavora negli uffici di un Blog online: “Depravity” a stretto contatto con gli influencer del momento (mai nome più azzeccato per un blog). Danni sentendosi triste per non aver assistito all’attentato dell’11 settembre 2001 (causa crociera con i suoi) decide di scrivere un pezzo sul perché meriti di essere triste. Può essere una ragazza più insopportabile di così? Assolutamente sì. Danni infatti, non considerata da nessuno, decide di fingere un viaggio di lavoro a Parigi per conquistare Colin (Dylan O’Brien), influencer seguitissimo che lavora nel suo stesso ufficio, con qualche like grazie ad un profilo più curato. Tutto bello, fin quando non arriva la drammatica notizia di un attentato terroristico a Parigi che “costringe” Danni a fingere di essere una sopravvissuta e a diventare una delle portavoce dell’attivismo americano insieme a Rowan (Mia Isaac).

Not okay: mentire porta accettazione

L’intento di Quinn Shephard è molto chiaro, denunciare l’aberrante cultura social che sta spopolando tra le nuove generazioni. Mai titolo poteva essere più adatto di Not Okay, soprattutto se durante la pellicola si traduce nell’hashtag #imnotokay, in quanto rappresenta la terribile mentalità odierna che premia l’apparenza e non la realtà dei fatti, di cui i social network sono i principali colpevoli. Una semplice bugia, destinata a diventare una vera e propria bomba, permette a Danni la popolarità, l’attenzione di Colin (che prima non sapeva nemmeno il suo nome) e soprattutto milioni di like sui social. Perché è l’apparenza ciò che importa veramente, anche se ottenuta grazie a una bugia in grado di avvicinare e farsi apprezzare da chi è troppo impegnato a stilare una lista sul proprio smartphone. Incredibile no? Affatto, perché con ironia, cinismo e irriverenza da inizio a fine film, Quinn Shephard racconta il lato oscuro della tecnologia. Il film si alterna di momenti ironici e riflessioni più profonde senza mai prendere (intelligentemente) una sola direzione, descrivendo con maestria l’ipocrisia che caratterizza personaggi come Colin e Danni, ma in generale il mondo dei social, sussurrando a gran voce l’instabilità di fondo, il disagio che c’è sotto e il disturbo a cui porta la preoccupazione per un like.

Not Okay: quando emerge la realtà dei fatti

È quando Danni incontra Rowan, che emerge la vera natura del film. Durante un incontro per sopravvissuti ad attacchi terroristici, in cui Danni è decisamente fuori luogo sia per la sua presenza che per le uscite di poco gusto, conosciamo Rowan (Mia Isaac), una adolescente che il terrore l’ha vissuto davvero con i suoi occhi, durante una sparatoria in classe. Qui si incrociano i due filoni portanti della pellicola, ciò che siamo disposti a fare per la fama e l’esempio che dovremmo riportare. L’antitesi di Danni e Rowan è limpida, non lascia nulla sottointeso. Una venticinquenne e una liceale così diverse che si incontrano per il puro e semplice egoismo di Danni. Quando quest’ultima sente Rowan parlare dei suoi tantissimi follower come attivista, drizza subito le orecchie e da perfetta “superficialotta” quale è si avvicina alla ragazza e cerca subito di esserle amica. Attraverso Rowan Not Okay ci mostra ciò che succede giornalmente in America, senza mai mostrarcelo con immagini reali, ma attraverso il ferreo attivismo della ragazza. Quinn Shepard prende qui il grande merito di far riflettere su un tema così importante senza bisogno di mettere in scena una vera sparatoria, ma mostrando la debolezza e il panico che ne scaturiscono. Mia Isaac si cela molto bene nel personaggio, rappresentandone i traumi, le sofferenze e le debolezze con talento, rendendo limpido, anche grazie a delle semplici espressioni, tutto il male che può nascondersi dietro un paese. Il merito però va anche a Zoey Deutch la cui interpretazione è veramente credibile e realistica, come quella di Dylan O’Brien che si conferma il bravo attore che conosciamo in un’interpretazione molto diversa dalle solite, ma per il quale risulta un po’ sprecato. Non era meglio una piccola comparsa nel film di Teen Wolf?? 

In conclusione Quinn Shephard fa davvero un ottimo lavoro sin dall’inizio e soprattutto nel finale, prendendo qui il merito di raccontare ancora una volta la realtà dei fatti. In che senso? Guardate il film e capirete.

 

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