Recensione L’Ultimo Samurai con Tom Cruise

Recensione L’Ultimo Samurai con Tom Cruise

Riscoprire l’onore è un grande insegnamento che viene dal Sol Levante: “L’ultimo samurai”.

L’ultimo samurai (The Last Samurai) è un film sulla guerra di genere drammatico-storico del 2003 diretto da Edward Zwick ambientato in Giappone durante la Ribellione di Satsuma (1877).

La pellicola riprende in forma romanzata e mescola fatti storici e inventati ed ha per interpreti principali Tom Cruise (capitano Nathan Algren), Ken Watanabe (Katsumoto), Shin Koyamada (Nobutada), Tony Goldwyn (colonnello Benjamin Bagly), Masato Harada (Omura), Shichinosuke Nakamura (imperatore Mutsuhito), Hiroyuki Sanada (Ujio), Timothy Spall (Simon Graham), Seizo Fukumoto (Bob), Koyuki Katō (Taka), Billy Connolly (sergente Zebulon Gant), Shun Sugata (Nakao), Togo Igawa (generale Hasegawa), Scott Wilson (ambasciatore Swanbeck), William Atherton (venditore di Winchester) e Sōsuke Ikematsu (Higen). 

Con un incasso globale di circa 457 milioni di dollari il film è risultato un grandissimo successo al botteghino e con un indice di gradimento del 66% (su 219 recensioni) sul sito Rotten Tomatoes anche con la critica ha riscontrato pareri molto positivi. Fra i riconoscimenti sono da segnalare 4 nomination agli Oscar 2004 (miglior attore non protagonista a Ken Watanabe, migliore scenografia, migliori costumi, miglior sonoro) e 3 nomination ai Premi Golden Globe 2004 (miglior film drammatico, miglior attore in un film drammatico a Tom Cruise, miglior attore non protagonista a Ken Watanabe)  

LA TRAMA

USA, 1876. Nathan Algren è un alcolizzato ex capitano dell’esercito statunitense e veterano del Settimo Cavalleria che, traumatizzato dagli orrori della vita militare, lavora pubblicizzando i fucili Winchester. Licenziato dopo l’ennesima esibizione da ubriaco riceve la proposta di addestrare l’esercito dell’imperatore giapponese Meiji allo scopo di eliminare i samurai ribelli alla nuova politica del sovrano. Al solo scopo di far soldi e fuggire dall’atroce ricordo delle guerre indiane, Algren accetta e arrivato in Giappone trova un Paese nel pieno dello scontro tra la frenetica corsa alla modernità voluta dal giovane imperatore e una cultura millenaria legata alla filosofia del Bushido. L’incontro con Katsumoto, il comandante dei ribelli, aprirà la strada al soldato americano verso una cultura affascinante quando difficile da comprendere e soprattutto verso un riscatto ormai del tutto insperato dopo una disperata quanto eroica battaglia in nome dell’onore contro la corruzione della modernità.  

ANALISI FILM

Il passaggio da una fase feudale ad una moderna fa da contesto e specchio al percorso di riabilitazione interiore di un guerriero gravemente ferito dai fantasmi di un passato difficile da dimenticare. Il conflitto fra tradizioni da preservare e l’inevitabile cambiamento che caratterizza il progresso della civiltà viene descritto con schietto realismo da ambo le parti in causa.

L’azione scorre lenta in un perfetto equilibrio fra vedute a campo largo dove musiche e silenzi incrementano la suggestione del paesaggio. Grande attenzione è data alla descrizione dei caratteri e soprattutto dei conflitti interiori perfettamente delineati in dialoghi e i monologhi. Spettacolari battaglie  non possono mancare quando si affronta il tema bellico.

Una cultura fondata sull’onore e sulla disciplina appare obsoleta alla miopia di un sistema imperniato sul profitto che non guarda in faccia alle vittime pur di espandere i suoi interessi di mercato. Il trauma del soldato inorridito dal sistema di cui lui stesso fa parte viene affrontato e superato, nell’emozionante ed eroica battaglia finale, grazie agli insegnamenti di un codice di condotta che di obsoleto ha solo il coraggio di andare oltre l’illusione del benessere di un progresso solo esteriore.

La corruzione degli animi, rappresentata con schietto realismo dagli ufficiali americani e dai consiglieri nipponici che vogliono tagliare i ponti col passato, viene infine sconfitta da una presa di coscienza che offre una lezione per noi occidentali dagli occhi grandi ma dal cuore piccolo.

TRADIZIONE E CAMBIAMENTO

La Ribellione di Satsuma (29 gennaio – 24 settembre 1877) fu l’ultima, e la più grave, di una serie di sollevazioni armate contro il governo Meiji (23 ottobre 1868 – 30 luglio 1912). Il dominio di Satsuma (Satsuma han) fu uno dei più potenti feudi del Giappone dello shogunato Tokugawa (1603-1868) e sebbene fosse stato uno dei protagonisti della Restaurazione Meiji e molti dei suoi uomini fossero ascesi ad influenti posizioni, presto in esso crebbe l’insoddisfazione verso la nuova direzione che il paese stava prendendo, in particolare contro il processo di modernizzazione che ebbe come conseguenza il progressivo abbandono del sistema feudale. Il nuovo orientamento politico ed il profondo cambiamento di abbigliamento, cultura e società significava di fatto l’abolizione della condizione sociale privilegiata della classe dei samurai che vedevano in  questo un atto di tradimento del jōi (lett. “Espellere i barbari”) della dottrina del Sonnō jōi usata come giustificazione per rovesciare il precedente shogunato Tokugawa.

Con lo slogan del suo movimento di ribelli (“Nuovo governo, alta moralità”), Takamori Saigo, uno dei capi anziani di Satsuma nel governo Meiji, era particolarmente preoccupato della crescente corruzione e dopo un fallito tentativo di sollevare i samurai alla lotta si ritirò, come altri ex-samurai Satsuma, nella sua città natale di Kagoshima. Qui fondò un’accademia privata che ben presto contò 132 filiali in tutta la prefettura: a tutti gli studenti era richiesto di prendere parte all’addestramento con le armi e all’istruzione tattica. Le tradizioni del bushidō erano enfatizzate al massimo e Saigo avviò anche una scuola di artiglieria. Le scuole assomigliavano più che mai a organizzazioni politiche paramilitari, godevano dell’appoggio del governatore di Satsuma ed il sostegno a Saigo era così forte che nel 1876 Satsuma si era di fatto staccata dal governo centrale.

La reazione del governo a Tokyo, temendo una ribellione, culminò, il 30 gennaio 1877, con l’invio di una nave da guerra a Kaghosima per rimuovere le armi ammassate nell’arsenale della città. Ironia della sorte, fu proprio questo atto la goccia che fece scaturire il primo di una serie di conflitti in campo aperto.

Battaglia Shiroyama

Lo scontro decisivo fu la Battaglia di Shiroyama (24 settembre 1877). Saigo ed i suoi samurai rimasti furono respinti verso Kagoshima ed affrontarono le truppe dell’esercito imperiale, guidate dal generale Aritomo Yamagata, che, in unione alle forze navali comandate dall’ammiraglio Kawamura Sumiyoshi, superavano in numero Saigo di 60 a 1. Dopo l’ennesimo rifiuto di arrendersi da parte di Saigo, Yamagata ordina un assalto frontale completo. Entro le 6 del mattino solo 40 ribelli resistono ancora mentre Saigo è gravemente ferito. Leggenda vuole che uno dei suoi seguaci, Beppu Shinsuke, agì da kaishakunin (“secondo nella decapitazione”) e aiutò Saigo a fare seppuku prima di venire catturato (un riferimento romanzato è ripreso nel film). I fatti smentiscono il mito: Saigo in realtà morì per la ferita di una pallottola e la sua testa fu recisa da Beppu al fine di preservarne la dignità. Dopo la morte del loro condottiero, Beppu e gli ultimi samurai sguainarono le loro spade e si lanciarono giù per la collina verso le posizioni imperiali finché l’ultimo di loro non fu falciato dalle mitragliatrici Gatling (altro riferimento presente nel film). Con queste morti la ribellione Satsuma giunse al termine.  

IMPRECISIONI STORICHE E CURIOSITÀ

Il film descrive e riprende eventi storici realmente accaduti ma ne stravolge la dimensione cronologica.

Gli stranieri presenti in Giappone, nel periodo in cui è ambientata la trama, sono per lo più di nazionalità statunitense quando invece le maggiori potenze straniere presenti o rappresentate all’epoca erano Paesi Bassi, Italia, Francia e Gran Bretagna. Gli avvenimenti descritti sono il risultato della fusione di due eventi storici distinti nella storia giapponese, ovvero la Guerra Boshin (gennaio 1868 – maggio 1869) e la Ribellione di Satsuma.

Nella scena in cui Algren per far capire ai suoi superiori che i soldati giapponesi non sono ancora pronti alla battaglia minaccia un fuciliere con la pistola per testare la velocità a ricaricare l’arma e far fuoco c’è una citazione da un altro film diretto da Edward Zwick, Glory (1989). I tre soldati americani del film, il capitano Algren, il colonnello Bagley e Grant, assomigliano per rispetto ai tre soldati del film diretto da Ralph Nelson Soldato Blu (1970). 

“Io ho sognato, un Giappone unificato, in una nazione forte, indipendente e moderna e ora noi abbiamo ferrovie, cannoni e abiti occidentali, ma… non possiamo dimenticare chi siamo, né da dove veniamo.”

ONORE E RISCATTO

La suggestione delle immagini e la convincente prova di interpreti impeccabili offrono un emozionante affresco in cui la storia fa da sfondo alla drammatica vicenda interiore dei personaggi. Da un lato c’è chi è rimasto traumatizzato dalla crudeltà della guerra nella sua forma più spietata e subdola, perfettamente rappresentata dagli ufficiali e dai commercianti che credono nel business delle armi a scapito delle vite umane. Dall’altro c’è chi, forgiato da un codice di condotta guerriero capace di mostrare grande ed inaspettato rispetto per ogni vita recisa sul campo di battaglia, si oppone alla corruzione che cancella le tradizioni. Il primo ottiene come riscatto la pace personale aprendo gli occhi su una vita nuova, il secondo segue fino all’estremo le sue idee e non può che meritare profondo rispetto ed ammirazione nel momento estremo.

La storia di due guerrieri che se non sono esenti da colpe per aver scelto una strada che cammina a fianco di una morte provocata e subìta, tuttavia sono uomini degni di rispetto quanto i carnefici in divisa ossessionati dal profitto meritano biasimo.

L?Ultimo Samurai

LEZIONE DI VITA

Rammolliti dall’illusione di un benessere abusato, corrotti dalla dipendenza del demone-denaro, impauriti dall’idea di doverci per forza adattare al sistema anche quando, mai come adesso, mostra le sue debolezze e i suoi difetti di fronte alle difficoltà, noi indegni epigoni di una (in)civiltà occidentale in degrado totale potremmo non capire appieno una cultura che viene dal Sol Levante.

“Katsumoto: Tu hai visto molte cose.
Nathan Algren: È così.
Katsumoto: E non temi la morte, ma anzi, qualche volta la desideri, non è vero?
Nathan Algren: Sì…
Katsumoto: Anch’io. Capita a chi ha visto ciò che noi abbiamo visto. Allora vengo in questo luogo assieme ai miei antenati e mi torna un pensiero: come questi germogli, stiamo tutti morendo. Riconoscere la vita in ogni respiro, in ogni tazza di tè e ogni vita che togliamo. La via del guerriero.
Nathan Algren: La vita in ogni respiro…
Katsumoto: Questo è… bushido.”

È difficile imparare a vedere oltre la superficie di una ingiusta concezione piramidale della società in netto contrasto con democrazia, concetto nobile di noi occidentali ma che tutt’ora resta solo un’idea assai difficile da realizzare nella sua vera essenza. Nessuna società, in nessuna epoca del passato, presente e futuro non è stata, non è e non sarà mai priva di pregi e difetti.

Ma se potessimo per un momento dimenticare ciò che ci hanno insegnato e – parafrasando ed estendendo il concetto di Domenico Musti –  riuscissimo anche solo per un istante a vedere i giapponesi con gli occhi dei giapponesi non potremmo non lasciarci emozionare dagli insegnamenti di una cultura che, come tante altre da noi superficialmente ed indegnamente snobbate, ha molto da insegnare per affrontare la vita vera che – inutile illudersi del contrario – è una guerra che, fuori da qualunque ed errata interpretazione (politica, economica, ideologica o religiosa) sempre sarà parte integrante di noi esseri umani come fattore di crescita per chi ancora crede nella maturità interiore e non solo nel progresso iper-consumistico che logora mente, cuore e anima, creando quella dipendenza autodistruttiva da ciò che è facile ma mai dovuto.

“Si può imparare qualcosa da un temporale. Quando un acquazzone ci sorprende, cerchiamo di non bagnarci affrettando il passo, ma anche tentando di ripararci sotto i cornicioni ci inzuppiamo ugualmente. Se invece, sin dal principio, accettiamo di bagnarci eviteremo ogni incertezza e non per questo ci bagneremo di più. Tale consapevolezza si applica a tutte le cose.”

(Hagakure)

Solo chi impara ad attraversare l’inferno ritrova la forza di alzarsi per vedere e meritarsi il paradiso.  

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