Recensione Piccole Donne 2019 di Greta Gerwig

Recensione Piccole Donne 2019 di Greta Gerwig

UN NUOVO ADATTAMENTO DI UN CLASSICO DELLA LETTERATURA

È ancora possibile rendere appetibile al pubblico di oggi la celeberrima storia delle sorelle March, dopo che il classico della letteratura di Louisa May Alcott, amato da milioni di lettori (e soprattutto lettrici), ha avuto negli anni innumerevoli trasposizioni cinematografiche (le più famose nel 1933 con Katharine Hepburn, nel 1949 con Elizabeth Taylor e nel 1994 con Winona Ryder e Susan Sarandon) oltre che televisive?
La risposta ce la dà Greta Gerwig, talentuosa regista classe 1983 salita alla ribalta internazionale nel 2017 quando scrisse e diresse il piccolo gioiello “Lady Bird” e per il quale fu candidata agli Oscar nelle categorie Miglior Regista e Miglior Sceneggiatura Originale.
Qui si cimenta con l’adattamento dell’arcinoto romanzo del 1868, dimostrando che certe storie non hanno età, se pensate e dirette con intensità, intelligenza e onestà di sentimenti. Compito non facile, nell’era dei social media e considerando che questa è la settima rielaborazione in immagini dell’opera della Alcott.
Il suo approccio fresco e diretto fa sì che Jo, Meg, Amy e Beth rivivano in modo divertente e toccante in questo remake che strizza l’occhio all’attualità, concentrandosi sulla condizione femminile, l’emancipazione e le complicate dinamiche familiari (di allora come di oggi) in modo tanto schietto e genuino quanto inaspettato.
Attraverso flashback e salti temporali, che servono a comprendere meglio le scelte delle protagoniste, riusciamo ancora a emozionarci per il temperamento anticonformista di Jo, per le schermaglie amorose tra lei e Laurie, per il triste destino di Beth, la caparbietà di Amy e per le sorti di Meg.

IL NEO FEMMINISMO DI JO E AMY

Paladina del femminismo ante litteram, la Jo di Saoirse Ronan (già diretta dalla Gerwig in “Lady Bird” con esiti eccellenti) è ancora una volta indomita e irresistibile nella sua crociata contro l’assetto sociale dell’epoca – che voleva le donne solo come mogli e madri – ma riesce al contempo a essere toccante e fragile, grazie soprattutto alla sfaccettata performance dell’attrice irlandese, apparentemente nata per interpretare questo ruolo.
Ritratta nei precedenti film semplicemente come vanesia e capricciosa, la terzogenita Amy ha qui un ruolo più ampio e rilevante, rappresentando l’altra faccia delle aspirazioni di Jo: una ragazza più aderente allo status quo, ma che non ha paura di usare gli strumenti a sua disposizione – bellezza e fascino – per raggiungere i suoi obiettivi e le sue altrettanto valide ambizioni artistiche. Nei panni di Amy, l’astro nascente Florence Pugh (attrice britannica già vista quest’anno nell’horror “Midsommar”) ruba letteralmente la scena al resto del cast.

piccole donne

UN CAST VINCENTE

Un cast eccellente del resto, che oltre alle già citate Ronan e Pugh si fregia delle sempre ottime Laura Dern e Meryl Streep, nei panni rispettivamente della dolce e generosa mamma March e dell’arcigna zia March, e del sempre più lanciato Timothée Chalamet nel ruolo di Theodore “Laurie” Laurence, anima poetica e tormentata che gravita intorno alle sorelle March per trovare quel focolare domestico che gli è stato sempre negato.
In conclusione, la nuova versione di “Piccole Donne” piacerà sicuramente ai fan del libro ma anche a coloro meno avvezzi all’opera della Alcott, perché in fin dei conti i temi della famiglia, dei legami e della ricerca di se stessi e di un posto nel mondo non passano mai di moda.

Candidato a sei Premi Oscar tra cui Miglior Film, Migliore Attrice Protagonista (Saoirse Ronan), Migliore Attrice Non Protagonista (Florence Pugh) e Miglior Sceneggiatura Non Originale.

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